Cimitero Monumentale della Misericordia di Siena
Conosciuto per la ricchezza di opere, anche molto importanti del Novecento, ma quasi sconosciuto ai più per la parte Ottocentesca, la più nascosta e buia, evitata da molti per il senso di inquietudine che trasmette, ma che ha un suo fascino particolare. A questa dedico il reportage fotografico, e se decidete di visitarla evitate le giornate di vento e pioggia come quella che ho trovato io…
Tra il 1835 e il 1843, fuori porta Tufi, sul luogo dove sorgeva un antico monastero olivetano, l’Arciconfraternita della Misericordia intraprese la costruzione di un grande cimitero, affidandolo a Lorenzo Doveri. Alla sua morte nel 1866, l’opera non era completata e, dimostratasi nel frattempo insufficiente alle crescenti necessità sepolcrali, fu dato l’incarico a Giuseppe Partini di proseguirla. Il suo progetto prevedeva di trasformare il quadriportico esistente in un atrio da cui accedere a un secondo portico sviluppato in due ali, ciascuna con vasti sotterranei, che si sarebbe concluso sul lato sud con un ampio semicerchio con un tempio al centro. I lavori ebbero una prima fase tra il 1873 e il 1876, ripresero nel 1890 e, con altre lunghe interruzioni, nel 1906, nel 1919 e nel 1933, ma il disegno di Partini non fu mai completato per quanto riguarda il lato a semicerchio e il tempio. La ricchezza di testimonianze figurative, pittoriche e plastiche, fanno del Camposanto una sorta di antologia della cultura figurativa senese tra Ottocento e Novecento. Si ricordano: la cappella Franci con affreschi di Pietro Aldi, Cesare Maccari, Amos Cassioli, tutti dipinti nel 1887, e con le decorazioni in ferro battuto della Officina Franci; la cappella Bandini Piccolomini con l’affresco di Alessandro Franchi e le sculture di Tito Sarrocchi. Vi è conservata anche la Pietà di Giovanni Duprè (1867) nella cappella Bichi Ruspoli (fonte wikipedia.org).
Le foto sono in bianco e nero ad esclusione della prima, e non hanno nessun commento salvo le ultime due. Del resto non c’è molto da dire…