Dal Casentino alla Maremma
– Ecco, questa è l’ultima –
L’uomo afferrò la sedia, la tirò su e la appoggiò sopra gli altri mobili. Prese quindi il fascio di corde e insieme iniziarono a legare il carico, perchè non cadesse durante il viaggio.
– Cesira, siamo pronti, possiamo partire –
La donna si avviò con passi stanchi verso la cabina. Il piccolo che portava in grembo da sei mesi stava diventando un peso sempre maggiore, e il pensiero del lungo viaggio non la rallegrava, ma non avevano scelta. Lassù non c’era più lavoro.
– Vieni Azelia, sali –
La bimba si avvicinò alla cabina e l’uomo l’aiutò a salire. A lei la novità piaceva, ed era felice di fare quel viaggio. Si sedette accanto alla mamma, guardando con curiosità l’ambiente dentro la cabina. Chissà a cosa servivano tutte quelle strane cose li dentro.
– Dai babbo, partiamo, vieni su –
L’uomo appoggiò il piede su predellino e entrò anche lui nella cabina.
L’autista controllò per l’ultima volta le corde che tenevano il carico, quindi sali anche lui e mise in moto. Il potente rombo del camion riempi tutta la vallata, spaventando gli animali sui prati che iniziarono a correre.
– Buona fortuna, fateci avere notizie – urlarono i paesani che si erano riuniti ai lati del grosso mezzo, qualcuno tappandosi le orecchie. I mezzi a motore erano un evento raro in quel piccolo e isolato paese.
Dal camion risposero con un sorriso e un cenno; ce ne sarebbe voluta tanta di fortuna.
Le ruote si mossero prima lentamente, poi sempre più veloci e iniziarono a alzare polvere.
L’uomo sporse la testa dal finestrino e respirò un’ultima volta la fresca aria settembrina, che li a mille metri già mordeva la narici. Si guardò intorno per imprimere nella memoria quei luoghi: colline, prati, case, boschi che iniziavano a colorarsi d’autunno. Uno per uno voleva rivederli tutti. Per quarant’anni erano stati la sua vita, e adesso se ne andava a centinaia di chilometri di distanza. Non li rivedrò più, pensò tra se.
Quell’uomo era mio nonno, e in quel momento si sbagliava. Non avrebbe mai immaginato che di li a qualche anno avrebbe rifatto lo stesso percorso per ritornarci, ma questa volta a piedi, con il gregge, il figlio e un mulo. E che nel corso degli anni sarebbe stato un appuntamento fisso, la transumanza. Quel giorno partivano dal Gualdo, un piccolo gruppo di case poco sotto il passo della Consuma, a circa mille metri di altezza nell’Appennino. Lui, Bruno, mia nonna Cesira, la piccola Azelia e l’altro piccolo in grembo che sarebbe diventato il mio babbo, Azelio.
Si stavano trasferendo a Presciano, vicino a Siena, a quei tempi una grossa e importante fattoria, dove avrebbe lavorato come bracciante. Era stato costretto a vendere il gregge perchè non c’erano più pascoli. Quell’autunno del 1937 non aveva trovato terra libera in Romagna, dove tutti gli anni portava le pecore a svernare. L’aumento delle coltivazioni aveva tolto spazio alle bestie, e già da qualche anno chi veniva da fuori aveva sempre maggiori difficoltà a trovarne. A malincuore le aveva vendute.
A Presciano lavorava come bracciante. La fattoria era importante e in espansione, il lavoro non mancava e la paga era buona. Fino a che non arrivò la grande guerra, e con essa le disavventure. Perse il lavoro e si trasferì a Taverne d’Arbia dove, con poche pecore regalategli dai parenti passò gli anni del conflitto. Nel dopoguerra Presciano risorse, e mio nonno chiamato dal fattore vi fece ritorno, con un nuovo, grande gregge. E tutti gli anni a primavera lo riportava al Gualdo. Lui, mio babbo allora piccolo, un mulo e il cane. E in inverno invece si spostavano in Maremma, a quel tempo con buoni pascoli. Viaggiavano di notte al lume delle lanterne a olio, e di giorno si riposavano. Dormivano nei pochi punti di sosta al coperto e spesso sotto gli alberi, mangiando formaggio e pane che acquistavano nelle fattorie lungo il percorso. Tutti gli anni, per due volte all’anno.
Bene, direte voi, che c’entra tutto questo con le foto e gli itinerari di Fotoincammino? C’entra per un solo motivo: vorrei ricostruire questo itinerario e ripercorrerlo. Mio nonno mi ha trasmesso da piccolo la voglia di camminare e di vedere nuovi luoghi, e adesso che sono riuscito a ricostruire la sua storia, anche la curiosità di ripercorrere i suoi spostamenti. I tempi sono cambiati, non sono più gli stessi, ma la curiosità aumenta. Vorrei provarci, quando potrò…
Da una prima ricerca sul Web ho visto che ci sono delle associazioni che stanno riproponendo gli itinerari della transumanza dal Casentino alla Maremma, ma quasi tutti in bicicletta e su strade asfaltate. Dai ricordi di mio babbo, allora piccolo, da Presciano andavano verso la Colonna del Grillo, poi Pietraviva, Ambra, Arezzo, Bibbiena, Poppi, Porrena fino alla Consuma. In linea di massima il percorso seguiva la via principale che ancora oggi collega Arezzo con Stia, salvo deviazioni per evitare curve troppo larghe. Per la Maremma si ricorda che una delle destinazioni era la zona di Braccagni, ma non il percorso e, per trovare questo tratto, un aiuto consistente mi è arrivato dal libro di Moreno Massaini “Transumanza, dal Casentino alla Maremma, storie di uomini e armenti lungo le antiche dogane”, Aldo Sara Editore 2005. Da Presciano andavano per la Val d’Arbia, Monteroni, Buonconvento, Montalcino, Passo del Lume Spento, Sant’Angelo in Colle, attraversavano l’Orcia, poi verso Paganico e quindi Braccagni.
Su Google Maps è possibile vedere i punti più importanti delle tappe, con le informazioni tratte dal libro.
Spero inoltre che qualcuno legga queste righe, e se ha qualche informazione più precisa mi contatti.